(Fig 4) Nicola Porta (attr.) Ritratto di Corrado Giaquinto. Molfetta, Fabbrica di S. Domenico


Modellata con rara maestria, la medaglia riporta sul recto il ritratto di Giaquinto mentre, imparruccato secondo la moda del tempo, dipinge al cavalletto: ritratto desunto di sana pianta da una tela databile all'ultimo quarto deI XVIII secolo, proveniente dalla Galleria degli Uomini Illustri del Comune di Molfetta (oggi nella Fabbrica di San Domenico) e attribuito al miglior allievo conterraneo di Corrado (Fig. 4).
Quel Nicola Porta (Molfetta 1710-1784), che era maturato nell'Urbe al seguito del maestro non oltre il 1753: data, dicevano poc'anzi, che segna, dopo l'arrivo a Roma di Anton Raphael Mengs (Aussig, Boemia 1728 -Roma 1779), il congedo del Giaquinto dall'Accademia di S. Luca, in vista del suo viaggio alla volta della corte madrilena che lo aveva formalmente invitato a ricoprire il posto lasciato vacante alla morte di Jacopo Amigoni (Venezia 1682 - Madrid 1752), dopo essere stato per qualche tempo in ballottaggio con Francesco de Mura (Napoli 1696 - 1784). Alla fine, però, stando a quanto riferisce sulla vicenda don Clemente de Arostegui,

viceprotettore della neonata Accademia di S. Fernando nonché ambasciatore spagnolo a Napoli e principale responsabile delle trattative Giaquinto ebbe la meglio, perché supremo rappresentante della cosiddetta «Escuela Mista», cioè di quella tendenza capace di conciliare gli aspetti positivi dell'arte romana e partenopea.
Un'«Escuela» che, accanto alla pala di Rocca di Papa (1739) e all'Immacolata Concezione della Basilica dei SS. Apostoli a Roma (1749-50), trova il suo culmine ideale e formale nella grande tela con l'Assunta e Santi della Nuova Cattedrale di Molfetta (Fig.5).

(Fig.5) Corrado Giaquinto, Assunta e Santi. Molfetta, Cattedrale.


Opera che compare sul verso della medaglia deI Teruggi, il quale, utilizzando la gloriosa tecnica dello stiacciato, insisterà sulle peculiarità linguistiche dell'originale giaquintesco: dall'eleganza del modellato al dinamismo dell'impianto, dal trattamento porcellanato e smagliante del colore alI'avvolgente spazialità dell'insieme. Soprattutto nel coronamento, caratterizzato dal volo obliquo della Vergine, in grado di controbilanciare la statuaria positura dei santi e dell'angelo che occupano per intero il proscenio: argomento che affronteremo tra breve.

Tuttavia, fatta eccezione per la medaglia coniata nel 1975, Corrado pur ritenuto «pittore di prima grandezza» sarà «ignorato ostinatamente dalle nostre Poste». Non da coloro che, in attesa di tempi migliori, nel dicembre del 1995 - a fronte di decennali «e reiterate richieste avanzate dalle autorità comunali» per l'emissione di un francobollo commemorativo - dedicarono al nostro pittore la "XXXVIII Mostra Filatelica Molfettese", attingendo materiale illustrativo dalla serie mitologica delle dodici tele in collezione del marchese Giulio de Luca.
Pertanto, furono
proposte due cartoline ufficiali con la riproduzione di due meravigliose opere del Giaquinto, sconosciute al grosso pubblico, gentilmente messe a disposizione da un privato collezionista. Una rappresenta «Venere che riceve da Vulcano le armi di Enea», l'altra «Il trionfo di Galatea», di cui un particolare costituì l'annullo speciale figurato (Fig. 6).
Nel frattempo altre iniziative si sono rivelate degne di plauso. Perché animate da un entusiasmo difficile, forse impossibile, da sbollire:
un entusiasmo che si rinnova e si rinfresca di generazione in generazione restituendo i contorni di una storia che viene da lontano, con le luci, le ombre e le trasparenze della nostra terra, grazie all'Abecedario e alle beatitudini pittoriche di un protagonista del XVIII secolo, corteggiato dai più potenti prelati e regnanti d'Europa.
Le «beatitudini pittoriche» indicate dall'Assunzione della Vergine, scelta con criterio per il francobollo del centenario. Beatitudini che indussero mons. Fabrizio Antonio Saleri, vescovo per quarant'anni della nostra città

(Fig 6) L'annullo speciale con il Trionfo di Galatea della 38^ Mostra Filatelica Molfettese (1995).


(1714-1754) a commissionare quest'olio su tela di considerevoli misure (410 x 296 cm), destinandolo al nuovo altar maggiore in marmo della chiesa di San Corrado, consacrato il 16 luglio 1747.

L'intervento comportò il conseguenziale smantellamento dal sito di una più antica tavola a fondo oro, raffigurante la Dormitio Virginis. Una pittura «diversamente immischiata in questioni attributive», passando ora come opera di un pittore attivo nei primi del Cinquecento, seguace di Cristoforo Scacco, «il Veronese, che diffuse nella Campania l'arte mantegnesca e crivellesca»; ora di un autore «non immune da residui bizantineggianti», aggiornatosi però su esperienze maturate in Italia centrale ora di un anonimo maestro vicino nella maniera alla Dormitio di San Gennariello al Vomero a Napoli (1508), ma con una datazione di poco più tarda; ora saldando le ragioni storiche del dipinto - da leggersi con ogni probabilità alla luce di interventi di bottega comunque «memori delle [...] elaborazioni da Polidoro da Caravaggio» - alle traversie del Sacco che Molfetta subì nel 1529.

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